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FUORI delle RIGHE

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A POPPA E DORMIVA – Mc 4,35-41

+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».
Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».



Passiamo all’altra riva 

Attraversare il mare è prendere il largo, allontanarsi dalla riva sicura per raggiungere un’altra costa. Il mare è associato simbolicamente al mondo e al male del mondo, ma non è questo il punto. Le sponde del Lago di Tiberiade toccano realtà diverse per popolazione, cultura, realtà sociale: la Galilea, l’Iturea e la Traconitide, la Decapoli; attraversare il mare non è soltanto uno spostamento geografico quanto culturale e esistenziale, dunque è uscire dalla situazione precedente per entrare nella dinamica di un’altra vita e un’altra storia. I discepoli sono invitati a uscire dalla propria realtà per affrontarne altre, ad avventurarsi nel confronto con realtà diverse di cui non aver timore. Non si può vivere soltanto di se stessi.
La folla non è trattenuta come pecore in un ovile, ognuno deve affrontare la sua vita, confrontarsi con la realtà del mondo, salire sulla propria barca. Troppo facile una religione chiusa in se stessa capace di confrontarsi solo con il tempio, le sue tradizioni e i suoi riti. Il rischio dei Giudei e dei farisei era propri quello di isolarsi dalla vita, o meglio separare il “religioso” dal resto per viverlo separatamente e in contrasto l’uno con l’altro, sdoppiando la vita (Cfr Is 1,14-17).


lo presero con sé, così com'era, nella barca

Non è molto comprensibile questa annotazione; si potrebbe immaginare lo stato di stanchezza visto che era venuta la sera, la giornata è stata faticosa e poco dopo si dirà che si era addormentato. Il fatto però che questa è l’unica volta in cui si parla del Signore che si è addormentato, forse dovremmo cercare qualche altro significato, o non cercarne alcuno e prendere l’espressione nella sua letteralità.
Noi accogliamo Gesù nella nostra barca, nella nostra vita, o anche nella Chiesa, così come è non come noi lo vorremmo. A volte rischiamo una sorta di omologazione del Signore al nostro modo di vedere e sentire le cose, ci lasciamo condizionare da stereotipi, sentimenti, idealizzazioni che poco corrispondono al Gesù dei vangeli. Accogliere è facile, poi però bisogna accettare le conseguenze di questa scelta, la croce non è un modo di dire.
Stando nel mondo i problemi che si incontrano sono tanti ed a volta ci sommergono, non sappiamo come fare a venirne fuori e che posizione prendere: Ci fu una grande tempesta di vento…              


dormiva

Il Signore, uomo come noi, dormiva sul cuscino di poppa, cullato dalle onde. Gesù è con noi, sulla nostra barca, ma a volte tace, Gesù dorme perché si fida di noi dalla nostra capacità di navigare nella storia degli uomini, non è assente: colui che poteva tenere i venti nella sua mano potente, dor­miva lì, nel fondo della barca, e permetteva al vento di trattarlo senza riguardi, come un uomo qualunque. E il silenzio di Dio; sembra di morire. Ci agitiamo per mantenere la navigazione della nostra barca appena l’acqua si increspa da non vedere più la sua presenza, eppure lui si fida di noi, si lascia trasportare tranquillo come noi decidiamo di farlo; se lui si fida di noi, anche noi dobbiamo fidarci di lui. Il Signore non è assente dalla nostra vita, non si nasconde alle nostre necessità neppure ci supplisce, non si mette a guidare la barca ad aiutare nelle manovre, non è né al timone, né alla vela, né ai remi … semplicemente è con noi. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (Mt 28,20).


Perché avete paura?

La vita non è mai tranquilla, quando meno ce lo aspettiamo arriva la tempesta che non ci permette di governare la barca come vorremmo, la storia ci porta da un’altra parte, i nostri progetti i nostri piani affondano. Siamo alla disperazione: Maestro, non t'importa che siamo perduti? Gli apostoli hanno paura di morire, dal punto di vista umano erano persi, la situazione era disperata.
Perché succede proprio a me? Perché proprio adesso? ... Un cuore incredulo ragiona sempre così; si lascia prendere dalla situazione lasciando Dio da parte. La fede, invece, guarda a Dio e cerca di considerare le circostanze alla luce della sua Parola fidandosi di lui. Una co­sa è ascoltare la verità, altra cosa è rea­lizzare la potenza di questa verità in cui diciamo di credere; una cosa è parlare del­la potenza di Dio in grado di proteggerci dalla tempe­sta quando navighiamo sul mare calmo, altra cosa è fidarsi si questa potenza quando la tempesta è impietosa con noi.
Basta una preghiera a Dio per risolvere i problemi? ma la preghiera non è aiutami come io desidero, ma sia fatta la tua volontà; Gesù è con me sulla barca: le cose andranno comunque bene.
Non avete ancora fede? I discepoli hanno paura di andare a fondo con Cristo, non hanno ancora fede in lui.
Ma il battesimo non è andare a fondo con Cristo?
Fratelli, l’amore del Cristo ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro (2Cor 5,14-15).

Questo racconto potrebbe aiutarci a fare una esercitazione battesimale, vedere se la Parola ha prodotto il suo frutto in noi, se abbiamo fede sufficiente a abbandonare la nostra vita nelle mani di Gesù che è morto e risorto.